Chiesa di San Francesco – Piazza S. Francesco, 9, 06034 Foligno (PG) / L’episodio accorso ad Angela durante il suo viaggio rappresenta, nell’esperienza religiosa della Santa, uno spettacolare incontro diretto con Dio.
MISTICISMO E MAGIA OPERATIVA DELLA BEATA ANGELA DI FOLIGNO
Articolo e Fotografie di: Pettini Antonio e Risolo Margherita – tonipettini@gmail.com
__________________________
CATEGORIE
Alchimia (magia)
Personaggi
I capitoli di questa pagina sono:
• Biografia della beata Angela
• Misticismo e magia operativa
• Misticismo di Angela
“Non sono più nel modo in cui mi trovavo; sono approdata ad una pace nella quale sto con Lui e sono contenta di tutto.” (il libro dell’esperienza)
Biografia della beata Angela
1248. Foligno (antica Fulginium). Nasce un’anima decisamente straordinaria: la beata Angela.
Solo alcuni decenni prima, proprio a Foligno, il giovane Francesco d’Assisi, in seguito al colloquio con il Crocifisso di S. Damiano, compì uno dei suoi primi gesti da “Folle di Dio”: vendette un carico di stoffe ed il cavallo per restaurare le chiese.
Ma soffermiamo la nostra attenzione su questa donna.
Sappiamo che dopo essersi sposata molto presto, secondo quanto previsto nel XIII° secolo per le fanciulle di giovane età, e, nonostante dei figli, iniziò a condurre una vita decisamente dissoluta e tribolata da viziose abitudini. Difatti i biografi la descrivono come una donna di bell’aspetto, vanitosa, orgogliosa e amante delle gioie mondane.
Del resto, una qualità di vita benestante, proprietaria terriera e lussi, la tennero molto lontana da un Dio di cui non conosceva assolutamente l’Essenza, con cui fino ad allora non si era mai soffermata a generare una relazione che andasse oltre un cristianesimo formale, esteriore e del tutto privo di vigore e significato.
1285. Angela sente la chiamata di Dio. Improvvisa. Inaspettata. Irrinunciabile.
Nella cattedrale di S. Feliciano, dove sostò sulla via del ritorno dalla chiesa di S. Francesco, stava predicando il cappellano del vescovo, frate Arnaldo (futuro redattore del Memoriale e direttore spirituale della Beata). In questa circostanza, dopo che il frate ebbe finita la predica, Angela trovò la forza di chiedere il sacramento della Riconciliazione con la confessione.
Fu un’ esperienza indimenticabile: completamente rapita dallo schianto del pentimento, pianse a dirotto per l’enorme dolore provato per l’oltraggio reso a Dio.
Inizia per la beata Angela una nuova vita: un’ascesa verso la santità vissuta attraverso la dicotomia: “Croce-Amore”.
Immediatamente il suo spirito mette in atto la “trasfigurazione” nella vita quotidiana rendendola sobria, asperrima, completamente votata ad un martirio in terra voluto o indotto, ma sicuramente continuamente cercato: si priva delle vesti migliori, si priva di ogni piacere terreno, si inimica i parenti che non comprendono e dunque la ostacolano nell’obiettivo che lei desidera perseguire.
Sorte o meno, le muoiono madre, marito e figli e questo le consentirà di dedicarsi totalmente a Cristo vendendo tutto ciò che possiede: terreni, palazzi, vesti, gioielli e ne distribuisce il ricavato ai poveri.
Tuttavia il Carisma di cui arricchisce la Chiesa sarà sempre la dicotomia di cui sopra: “Croce-Amore”.
Difatti il ricordo delle proprie manchevolezze non l’abbandonerà mai e, contemplando la Croce, sentirà su di sé la colpevolezza della morte di Cristo e si sentirà degna solo dell’inferno, tanto da spingerla a gesti piuttosto forti: emulando, in modo tutto suo, come vedremo meglio oltre, l’eroica condotta di san Francesco per i lebbrosi, ad esempio trangugiando l’acqua insudiciata con cui aveva lavato le putride mani di quei sofferenti e scorgendo Cristo crocifisso, avvertendo poi letizia e grazia come se si fosse nutrita della Comunione.
1291. All’età di quarantatrè anni, in occasione della festa del Santo Padre, si reca ad Assisi per un pellegrinaggio che segnerà un’altra tappa fondamentale nella sua esistenza ed esperienza spirituale: in prossimità di Spello ricevette un dono davvero grandioso, Dio Uno e Trino, attraverso la potenza dello Spirito Santo, le si rivelò fino a sentire vivamente Cristo.
Difatti, come dall’Introduzione al testo. “ Il libro della Beata Angela da Foligno” curato da Ludger Thier O.F.M. – Abele Calufetti O.F.M. si legge: “Affrettati, poiché appena avrai compiute queste cose, tutta la Trinità si unirà in te”.
Dunque…:” (…) tutta la Trinità si unirà in te”.
Ma un’unione così profonda fatta di rara e preziosa bellezza, è un vero e proprio “Oltre”, un incomprensibile per la logica umana; Angela diviene scrigno della Trinità per una promessa di un Unione inscindibile e sublime che la condurrà ad un totale annientamento del suo essere per lasciar totalmente posto all’Essere.
Dolori laceranti, visioni estatiche, terrore dell’ingerenza del demonio la condurranno sempre più ad un annientamento fisico fatto di digiuni, rinunce, umiliazioni fisiche e morali.
E dunque fino a ”dare la vita”, come una promessa sponsale, un “si” che sarà un patto di sangue, il sangue della Croce di Cristo crocifisso”.
Misticismo e magia operativa
Ed ecco che l’esperienza mistica della beata Angela consente per la sua singolarità alcune considerazioni sul fenomeno del misticismo in generale e su quello cristiano in particolare.
Addirittura un azzardo: sconfinare nella linea sottile che unisce la mistica cristiana alla magia operativa.
Riteniamo infatti che spesso, senza alcuna consapevolezza, vengano messi in atto da parte di alcuni mistici una serie di comportamenti che collimano in modo evidente con molte operazioni prescritte in svariati riti e procedure magiche.
Potremmo partire difatti dalla stessa definizione introduttiva di “misticismo”, aiutandoci con quanto enunciato dal grande studioso di religioni Rudolf Otto che nel suo capolavoro -“il Sacro”- afferma che: “Come caratteristica essenziale della mistica potrei indicare la spiccata prevalenza in essa degli elementi irrazionali e la contemporanea tendenza all’esaltazione”. (R. Otto Il Sacro). Sempre R. Otto altrove asserisce, riferendosi alla più specifica mistica volontaristica, che: “che la volontà di cui qui si parla non è propriamente il volere, ma il sentimento eccitato, e tale mistica è l’ebbrezza del sentimento di amore struggente, che si eleva ad amore sponsale. Ciò comporta la ricerca e l’aspirazione a <<sensazioni>>, a commozioni e dolci consolazioni, attraverso stati alterni di dolcezze più o meno sensuali, (…) e, dunque, la valorizzazione dei propri sentimenti e delle proprie condizioni affettive.” (R. Otto Mistica orientale, mistica occidentale).
Quindi, senza entrare nei dettagli tra le differenze esistenti tra i vari misticismi, possiamo dire che il teologo tedesco caratterizza l’esperienza mistica principalmente con l’esaltazione sentimentale, l’amore disperato e possente ed il rapimento emotivo. Ora tali definizioni sarebbero anche sufficienti se confrontate con una prassi religiosa che preveda un culto devozionale preponderante ed un atteggiamento esclusivamente fideista da semplice devoto. Riteniamo però che tale definizione di misticismo non sia del tutto esaustiva. Il mistico infatti tende con tutto se stesso al Divino, al Sacro, a differenza del semplice credente che invece può solo pregare e sperare nella Grazia Divina. Dobbiamo inoltre rilevare come accanto ai mistici vi siano stati personaggi che hanno ricercato il Divino, il Sacro, anche con altre modalità.
Modalità non sempre ortodosse e spesso anche pericolose.
Difatti sin dall’antichità, accanto ai sacerdoti ufficiali, vi sono sempre stati personaggi che, da soli o in gruppo, hanno presentito che c’era qualcosa di inspiegabile nell’esistenza umana, qualcosa che fa riferimento a un universo sovrasensibile di cui è possibile intravedere l’Essenza, ma che non è facilmente raggiungibile e soprattutto non è così facilmente spiegabile. Questa intuizione della realtà del sacro è di per sé incomprensibile con i soli mezzi della regione umana, ma ciò nonostante non è meno vera dei sentimenti di affetto, odio, ecc. che ogni persona può provare. In ogni caso il sacro può essere afferrato e posseduto. O con i mezzi della magia operativa, oppure mediante il misticismo.
Sono due percorsi completamente differenti, ma entrambi possono raggiungere lo scopo.
Anche se non tutti possono avere i requisiti necessari per ottenere risultati positivi. Già R. Otto affermava: “I veri depositari e i trasmettitori dell’impressione del trascendente sono sempre i privilegiati e gli <<eletti>>, e non già ogni uomo, come vuole il razionalismo, o la massa indifferenziata di soggetti affini, come vuole l’odierna psicologia collettiva”. (R. Otto Il Sacro)
Differenti -si diceva- ma non in opposizione nel senso che una via non esclude necessariamente l’altra, ma anzi alcune fasi possono anche coincidere. Nella tradizione ermetica ad esempio questi due percorsi sono denominati “via secca e via umida.”
Sono due differenti strade che possono condurre entrambe però alla trasfigurazione spirituale. Ambedue le vie prevedono una fase iniziale di totale annichilimento della personalità umana: “la via umida-mistica”, contempla l’annullamento totale dell’ “io” psicologico che costituisce – in tutte le tradizioni – la parte più difficoltosa per chi inizia. Solo che nella via mistica tale annullamento della personalità viene radicalizzato fino a quando la personalità umana (oramai priva di ogni volere/volontà proprio) viene a coincidere completamente con il volere della Divinità; l’altra, “la via secca-magica”, contempla anch’essa una fase di annichilimento dell’io psicologico ma ciò costituisce solo la fase preliminare della realizzazione magica che deve necessariamente terminare con l’affermazione totale della propria personalità sulla divinità.
Per definire meglio i termini entro i quali operano il mistico e la magia possiamo proporre alcune considerazioni tratte da “Introduzione alla magia del gruppo di UR”:
- Il rito religioso propizia una partecipazione all’ordine sovrasensibile mantenendo però il limite individuale, mentre il rito iniziatico ne realizzerebbe una di carattere superindividuale; l’uno mirerebbe alla “salvezza” dell’anima del singolo, nei termini di un prolungamento della sua esistenza individuale di là della morte; l’altro mirerebbe invece alla vera immortalità. (Gruppo UR 3° vol)
- Che la mistica sia una cosa, l’iniziazione un’altra, questo è un punto tanto essenziale, quanto generalmente sconosciuto. Vi sono certo dei casi in cui il mistico oltrepassa la sfera propria alla sua via pervenendo a realizzazioni trascendenti; ma ciò implica una vera metanoia e rappresenta sempre un’ eccezione – anche a prescindere dal fatto, che simili realizzazioni presentano, in tali condizioni, quasi sempre un carattere frammentario e confuso – . (Grupp UR 3° vol)
- Appunto nel Cattolicesimo la mistica si presenta come la semplice continuazione della esperienza religiosa e sacramentale, (…) e la conoscenza sperimentale di Dio, che ne costituirebbe l’essenza, malgrado l’equivoco in cui si può essere indotti da alcune espressioni, resta nel dominio della soggettività e dell’affettività ed ha poco a che fare con l’intellettualità pura, con la distruzione effettiva della natura umana e con la reale deificazione. (Grupp UR 3° vol)
Perciò da una parte abbiamo il misticismo e dall’altra i riti di iniziazione; da una parte vi è l’idea di un Dio-persona, distinto dalla creatura; dall’altra l’idea di un piano metafisico – nel quale questa distanza è abolita – al quale si perviene mediante l’iniziazione e che comporta infine il “risveglio iniziatico”.
Possiamo ora cercare di ridefinire il misticismo in un modo differente da quello proposto poco sopra da R. Otto, non più da un punto di vista statico ma bensì da un punto di vista più dinamico; grazie a quanto finora detto, caratterizzeremo il misticismo principalmente con un atteggiamento passivo e di attesa (attesa dell’avvento di Dio dentro di noi) rispetto ad un atteggiamento più attivo che sembra contraddistinguere il Mago. Nell’ambito del misticismo è Dio che, mosso dall’intensità del sentimento di amore, dalle preghiere continuamente a lui rivolte, decide – di sua iniziativa – quando e a chi manifestarsi, chi possedere e a chi infondere il proprio volere. Ma per raggiungere la grazia occorrono preghiera e sacrificio e il sacrificio richiesto è quello della propria volontà. Tutto ciò è esplicato in modo chiaro dall’ Eckhar quando afferma: “Per il regno dei cieli l’uomo deve dare in cambio tutto quello che ha: la volontà propria. Se mantiene in sé qualcosa della volontà propria, non ha meritato il regno dei cieli.” (Meister Eckhart – La via del Distacco) Concetto simile si rinviene anche in un autore più moderno quando afferma che: “ L’io deve raggiungere uno stato di riconciliazione infantile con Dio mediante l’esercizio umano di una volontà conferita da Dio a fare la volontà di Dio, perciò a conquistarsi la grazia”. (A. J. Toynbee – Storia Comparata delle Civiltà)
Ma non dobbiamo fare lo sbaglio di pensare l’adesione al volere di Dio come esclusiva sottomissione, come accettazione supina, ma bensì come concordanza totale con Dio, e quindi rinuncia cosciente della propria volontà e abbraccio del divino volere, così da essere condotti all’identificazione perfetta con la divinità.
Misticismo di Angela
Vediamo ora d’inserire la vicenda di Angela in questo contesto. L’episodio accorso ad Angela durante il suo viaggio rappresenta, nell’esperienza religiosa della Santa, uno spettacolare incontro diretto con Dio. Spettacolare e soprattutto totalmente inaspettato (anche se già intensamente desiderato).
“Talora Dio viene nell’anima non chiamato. E mette l’anima in fuoco, in amore, talvolta in soavità. Ma non è certa che sia nell’anima, cioè non vede lui nell’anima, me vede la sua grazia, nella quale si diletta. (…)”. ( il libro dell’esperienza).
La manifestazione divina, e la successiva possessione da parte di Dio, danno luogo a una esperienza mistica, particolarmente significativa, le cui modalità consentono di conoscere l’oggetto divino nella sua interezza ed essere compreso e vissuto nel senso più forte del termine. Che questa non sia una esperienza solamente intellettuale o – addirittura – illusoria ce lo testimonia anche R. Otto quando afferma che per i mistici: ”… il loro contenuto [conoscenza intuitivo-sentimentale] è una realtà eterna che pervade il temporale e lo supera, (…); si tratta di barlumi fuggevoli di una realtà gravida di mistero e di intuizione”. (R. Otto Il Sacro). E questa esperienza è così forte, così vera, così intensa che riesce a obliare qualsiasi altro interesse, qualsiasi altra questione; si innesta sul tessuto psicologico della Santa che da quel momento in poi ne sente sia i benefici (spirituali e fisici) sia i tormenti estremi quando questa esperienza viene meno. Tormenti così intensi che la portano addirittura a desiderare la morte. Sentiamo cosa detta a tal proposito Angela:
“Quando arrivai a casa, sentivo una dolcezza pacata, così intensa che non so dire. (…) Pur di raggiungerla così come la sentivo e pur di non perderla, desideravo morire al mondo, e il vivere mi era tormento più doloroso di quello che provai alla morte della madre e dei figli, oltre ogni misura pensabile. Rimasi a letto in casa per otto giorni, presa in mezzo fra questa suprema consolazione e questo immenso dolore. (…). E fui a letto per otto giorni in modo che non potei parlare se non a stento, (…), ne alzarmi dal letto se non di rado.”( il libro dell’esperienza)
Mentre vediamo che quando Dio si allontanava da lei:
“Allora, una volta partitosi, comincia ad urlare ad alta voce con strepito. Ed urlavo senza ritegno, ripetendo questa parola: << Amore sconosciuto! E perché mi lasci?>> (…). E anche queste parole erano così rotte dal grido che non si riusciva a comprenderle. Così mi lasciò allora con la certezza assoluta che fosse Dio. Gridavo di voler morire, ed ero disperata perché restavo e non morivo. ”( il libro dell’esperienza)
In merito agli aspetti più esteriori delle esperienze mistiche di Angela possiamo notare come queste si caratterizzano con apparizione improvvise, di durata brevissima, ferite provocate nell’anima e nella carne (stimmate?), sensazioni concomitanti di dolore e dolcezza penetrante. Tali esperienze inoltre non sembrano interessare minimamente il senso della vista o gli altri aspetti più fisiologici (ad esclusione delle percezioni uditive). Ma al di là di queste esperienze più esteriori per Angela – e più in generale per tutti i mistici – Il culmine della divinizzazione sembra consistere però solamente nell’approssimarsi a Dio il più possibile; Dio inteso come fonte inesauribile di bene e pace. Ma prendere parte oggettivamente all’attività conoscitiva e amorosa di Dio; a farsi cioè Dio o quantomeno simile a Dio, tutto questo per un mistico (e soprattutto per un credente come Angela) non è facilmente accettabile. Meister Eckhart affermava d’altronde che: “Dove termina la creatura, là inizia a essere Dio. Da te Dio non desidera altro che tu esca da te stesso secondo il modo d’essere della creatura, e che lasci Dio essere Dio in te”.(…) Prego Dio che mi liberi da Dio, perché il mio essere essenziale è al di sopra di Dio, in quanto noi prendiamo Dio come principio delle creature” ( Meister Eckhart – La via del Distacco)
Ma può una mistica tipo la beata Angela condividere un discorso di tale portata?
Il sentimento di amore, il sentimentalismo esasperato dei mistici si può sposare con un atteggiamento freddo e distaccato, come quello presupposto dal discorso dell’ Eckhart? Noi pensiamo che chi scriva cose di questo tipo: “Fu una letizia diversa dalle altre. Non vedevo, non udivo, non sentivo altro. (…) Donde mi pareva che per mezzo di quella pienezza io vedessi la sua divinità, e mi pareva di stare davanti a Dio;” (il libro dell’esperienza); chi scrive così è sicuramente agli antipodi di M. Eckhart. E ciò si giustifica in quanto il mistico disconosce che la causa della sua esperienza è legata soprattutto al suo grado di esaltazione, e al grado di intensità del suo amore (nonché dalla sua determinazione); per il mistico è Dio che si dona. Ma per M. Eckhart Dio non si prega si conquista. E così per gli iniziati.
Ma come suscitare tale esperienza estatica? Soprattutto come può un credente infiammarsi così tanto d’amore da entrare infine in una specie di trance attiva? Sembra che il motore di tutto questo meccanismo sia, come già ipotizzato, una sorta di esaltazione emotivo-intellettuale unita a una fede infuocata ed a una speranza illimitata. Già Alchero di Chiaravalle, un monaco del dodicesimo secolo, scriveva nel suo De Spiritu et Anima: “Ritorni dunque a sé la mente razionale e raccolga sé in se medesima, per poter considerare se stessa senza immagini corporee…Poi si innalzi sopra se stessa e rifiuti se stessa e venga in qualche modo in oblio di sé”. L’estasi dei mistici non è stimolata però tanto da sogni, parole o dal guardare un’icona sacra, ma per lo più dall’esercizio metodico dell’orazione mentale, associato all’evocazione mentale che è uno delle caratteristiche specifiche di questo tipo di preghiera. Ora l’esercizio dell’orazione mentale è assimilabile ai mantra orientali; e tutti sappiamo dell’importanza che hanno i mantra nelle dottrine iniziatiche orientali. Ma tale ripetizione di preghiere la si ritrova anche in occidente, magari nella chiesa cristiano-ortodossa, dove hanno una notevole importanza come mezzo per incontrare Dio. Nell’ambito della chiesa d’Oriente e nello specifico nella Filocalia notevole importanza manifesta la preghiera del cuore. Tale preghiera consiste nella ripetizione continua e ritmata di una frase particolare. Il metodo, illustrato molto bene da Gregorio Palamas, prevede, oltre alle disposizioni propedeutiche (tipo: fede, umiltà, distacco, obbedienza, ecc.), due fasi. La prima è costituita da una disciplina respiratoria che ha lo scopo di concentrare la mente e quietare il corpo; la seconda –più importante- l’invocazione continua e ritmata di una frase che nello specifico è il nome di Gesù. Una delle frasi più famose è p. es. la seguente: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me”. Questa frase ripetuta mentalmente (anche se alcuni consigliano di iniziare con la viva voce e poi piano piano interiorizzarla) e cercando di far coincidere l’espirazione e l’inspirazione con porzioni della stessa frase porta i monaci ortodossi a stati di illuminazione molto intensi che permettono loro il contatto con il divino. Taluni consigliano anche di cercare di visualizzare il respiro, sia nella fase di espirazione che di inspirazione, associandolo magari a dei colori. Inoltre sembra aver molta importanza anche il fatto di cercare di percepire se stessi non più nella parte alta della testa (dove in genere abbiamo coscienza di noi stessi) ma nel cuore. Si deve fluire, insieme alla ripetizione mentale della preghiera, di far scivolare se stessi pian piano dalla testa giù fino al cuore. Risulta evidente che tale modo di pregare richiede una concentrazione particolare e una notevole fermezza, nonché dei luoghi calmi e solitari ove poter raggiungere la tranquillità e la concentrazione necessaria. Una procedura simile, ma in ambiente cattolico, può rintracciarsi nella pratica assai diffusa della recitazione del Rosario. Questo vero e proprio mantra, la sua continua ripetizione, il ritmo delle risposte, ricorda molto le recitazioni della preghiera del cuore; ma quello che riteniamo sia più eclatante è la similitudine di queste pratiche religiose con le pratiche magiche presenti ad esempio nei grimorii medievali oppure nei rituali enunciati nelle operazioni di magia cerimoniale. In questo caso, per la riuscita del rito, sono previsti, una fase preliminare di purificazione interiore (controllo del respiro, posture particolari, ecc.), una forte esaltazione sentimentale-emotiva (quello che Giordano Bruno chiamava “gli eroici furori”), una intensa concentrazione e infine una forte immaginazione. Che poi sono gli stessi requisiti previsti per il raggiungimento dell’estasi mistica.
Una volta concentrata l’attenzione mentale su un oggetto specifico la ripetizione mentale di una preghiera può trarre il mistico in un mondo di visioni riconducibili all’ universo del sacro. Queste visioni poi maturano in lui sino a diventare parte effettiva delle sue conoscenze. Una conoscenza però non nozionistica ma vissuta e frutto di una esperienza reale del sacro. “Sono due cose ben distinte, credere solamente in una realtà sovrasensibile o farne l’esperienza; avere delle idee intorno al sacro o percepirlo e sentirlo come una realtà operante che si manifesta attivamente. E’ convinzione fondamentale di tutte le religioni che anche la seconda alternativa sia possibile, (…) ma che si possa direttamente constatare in particolari circostanze e in peculiari eventi, manifestata in individui e in auto rivelazioni. (R. Otto Il Sacro)
In ogni caso , vale la pena ricordarlo, questa esperienza del sacro, intensamente vissuta, può effettivamente portare ad un cambiamento ontologico del credente ma rimane pur sempre subordinata al volere della divinità. La stessa Angela infatti riconosce che tutto quello che gli sta capitando non è opera sua, né del suo modo di pregare ma è dovuto tutto all’amore di Dio e alla sua infinita bontà.
Sentiamo cosa dice Angela a tal proposito: “Finalmente l’anima fu rapita e vide che la verità che cercava non aveva né principio né fine. Immersa così nell’Oscurità, l’anima volle ritirarsi da quel soggetto, ma non poté; non poteva andare più oltre, non poteva tornare indietro a se stessa. Dopo ciò l’anima fu tolta da lì e fu illuminata; e vedeva la potenza di Dio inenarrabile e la volontà di Dio, e in quella capiva le cose su cui era stata interrogata.(…) Non posso dire a parole quello che sperimentavo, oltrepassa la nostra natura. (…) Dopo che l’anima vide a quel modo la potenza e volontà di Dio, fu tirata ancora più su”.(…) “Disse dipoi: << Ti voglio mostrare qualcosa della mia potenza>>. All’istante furono aperti gli occhi dell’anima. E vedevo una pienezza di Dio, nella quale abbracciavo tutto il mondo, vale dire di là dal mare, di qua dal mare e l’abisso e il mare e il resto. E in tutto ciò non discernevo se non la potenza divina in un modo inenarrabile. (…) Dopo avermi mostrato insieme potenza e bassezza, mi disse: << Figlia mia, nessuna creatura può pervenire al punto di contemplare questo se non per grazia divina; tu vi sei giunta>>”. ( il libro dell’esperienza)
Ma tale esperienza per il mistico è temporanea: “ D’un tratto l’anima è innalzata in Dio a tale letizia che, se durasse, il corpo perderebbe tutti i sensi e verrebbero meno le sue membra. Ma Dio compie spesso questo gioco nell’anima e con l’anima: non appena questa cerca di trattenerlo, egli se ne va. (…) Non so dare nessun nome e nessun esempio a quel sentire e vedere: posso dire che una volta era diverso da ora, ma l’uno e l’altro sono indescrivibili.” ( il libro dell’esperienza).
Come già accennato più sopra sembra che esperienze del genere, una volta cessato il loro effetto trascendente, manifestano delle ricadute sia nel corpo che nella psiche. Il soggetto si sente debole, malato e confuso; spesso, soprattutto nelle persone più sensibili, possono anche manifestarsi fenomeni dissociativi e crisi violente. Il fatto è che una volta che certe forze interiori vengono suscitate (con qualsiasi mezzo sia esso magico o mistico) esse sono libere da qualsiasi vincolo precedentemente presente e se non debitamente governate possono portare anche alla pazzia. Ne abbiamo un esempio ricordando la fine che hanno fatto alcune delle “donne scarlatte” usate dal Crowley nei suoi riti magici. Alcune di queste infatti impazzirono e alla fine lasciarono questo tipo di attività in quanto le esauriva completamente sia fisicamente che mentalmente. Ecco perché anche il Crowley insisteva molto sulla fase di preparazione che doveva fornire al mago e alle sue assistenti i mezzi per resistere a tale pressione. Ricordiamo sempre che qui, magia o misticismo che sia, si sta parlando di intense prove emotive accompagnate da contatti reali con il sacro. Sempre il Crowley riteneva che le donne non ancora eccessivamente emancipate, fossero più idonee a sopportare le correnti magiche da lui evocate e che il soggetto più predisposto fosse una persona a digiuno di conoscenze esoteriche, una persona diciamo semplice che andrebbe coltivata ed addestrata (che è poi quello che succede in tutte le scuole esoteriche e religiose). Ritornando ad Angela, vediamo come anche in lei, privata del suo Dio, del suo grande Amore, subisca ricadute continue e violente sia nel corpo che nella psiche: “Talora piango senza freno. Talora l’ira cresce talmente che a malapena mi posso astenere dal farmi a pezzi. Talora non posso tenermi dal percuotermi orribilmente; e mi sono procurata tumefazioni al capo e altrove. (…) Sono sopraggiunti nel corpo vizi mai sperimentati, e portano gran pena. Hanno vita discontinua. Quando si estinguono, mi lasciano un po’ di consolazione, perché allora capisco di esser stata consegnata a molti diavoli, capaci di risuscitare vizi morti e di aggiungervi anche quelli che non avevo avuto mai. (…) Sono sprofondata in questa orribilissima tenebra, priva di Dio, (…); tenebra veramente terribile, dove risuscitano i vizi; conosco sì che sono morti nell’anima e solo risuscitati dai diavoli nel corpo, i quali fanno anche rivivere vizi non mai prima posseduti; così nel corpo, dove patisco meno, provo in tre luoghi, sì, nelle parti vereconde, un tale fuoco che presi ad applicarvi fuoco materiale per estinguerlo (…)E allora urlo, chiamo la morte, di qualsiasi specie Dio voglia mandarmi; (…). Quei vizi non vivono nell’anima, perché l’anima nulla loro concede. Ma cozzano con violenza contro il corpo, e il corpo ne ha tanto dolore, tanta ripugnanza, che si darebbe la morte da se stesso”. ( il libro dell’esperienza)
Mentre sempre Angela a proposito delle crisi di personalità: “Nella mia anima eran solite scontrarsi una specie di umiltà e una specie di superbia noiosissima. Umiltà, perché capivo d’esser precipitata da ogni sorta di bene(…). Mi vedo fatta casa del diavolo, strumento dei demoni e loro discepola; sono loro figlia, estranea a ogni dirittura e ben fare, degna del fondo dell’inferno. (…) Vedo solo difetti nell’anima e nel corpo. Dio mi è chiuso, del tutto nascosto, (…). Mi vedo dannata. (…) Vedendo le infinite mie sofferenze, combatto con tutte le mie forze contro i demoni per superare vizi e offese; ma non ce la faccio. Non trovo via di uscita, non trovo nemmeno una feritoia per evadere; non c’è rimedio per mio aiuto. Vedendomi così sprofondata s’innalza la superbia. Divento tutta rabbia, tristezza, amarezza, boria”. ( il libro dell’esperienza)
Ci sembra a questo punto di aver individuato alcuni punti di contatto tra il misticismo e la magia operativa. I due ambiti, sebbene presentino aspetti e finalità assai diverse, presentano nonostante tutto vari punti di contatto. Ma in alcuni casi la linea di separazione tra i due ambiti si fa meno netta e le posizioni meno chiare. Possiamo rinvenire infatti delle posizioni intermedie tra il misticismo devozionale della Beata Angela e la magia operativa. P. es. possiamo considerare Meister Eckhart, Guglielmo di Saint-Thierry, l’esicasmo orientale, ecc. alla stessa stregua della Beata Angela? Pensiamo di no ma in ogni caso riteniamo più corretto ascriverli al misticismo piuttosto che alla magia operativa.
Per completare tale articolo vediamo quali sono gli argomenti correlati che avremmo potuto affrontare ma che non è stato possibile completare in questo contesto.
Uno soprattutto ci rammarichiamo di non averlo potuto esaminare: la componente erotico-sentimentale del misticismo. Tutto questo possente amore spesso poteva determinare in alcuni religiosi l’insorgere di deviazioni erotiche; deviazioni che possono assumere un carattere decisamente peccaminoso se rapportate all’ambiente prettamente cristiano. Il senso di colpa, il peccato e la successiva pena, rappresentano una componente importante di quel motore che il mistico avvia all’inizio della sua esperienza. Proviamo a immaginare solo per un momento cosa doveva provare un mistico cristiano quando riconosceva nei suoi atti qualcosa di peccaminoso: il senso di colpa, la certezza del peccato commesso, lo strazio di non poter più porvi rimedio…tutto ciò contribuiva in modo preponderante a infuocare l’animo del mistico e lo forniva di una forza, une determinazione così intensa da superare qualsiasi ostacolo. La certezza della colpa poteva portare una persona come Angela anche a fare cose che non avrebbe mai fatto se il senso di colpa non fosse così presente. Ne è d’esempio l’episodio dei lebbrosi affrontato all’inizio dell’articolo che volontariamente ribadito alla fine, ci consente di riguardare il tutto da una consapevolezza differente: ”Dopo aver distribuito queste cose (cibo e altro ai malati lebbrosi), lavammo i piedi alle donne e le mani agli uomini. In particolare quelle di un lebbroso che aveva le mani putrefatte (…) e bevemmo di quella lavatura. (…)”.( il libro dell’esperienza). L’atto ripugnante di bere quel lavaggio trova giustificazione per Angela, non solo la solidarietà fraterna ma soprattutto rappresenta un’azione affrancatrice dal dominio dei sensi, dalle costrizione dell’ambiente e dell’educazione, e serve soprattutto a vincere quel senso di disgusto che altrimenti avrebbe impedito ogni tipo di intervento su quei poveri malati.