EMILIA ROMAGNA / RIMINI, TEMPIO MALATESTIANO / Un elemento di forte presenza in tutto il Tempio è la parola IS presentata in un modo molto particolare con la I che viene avvolta dalla S in un’immagine che ricorda il bastone di Asclepio, simbolo di guarigione e immortalità

Il simbolo IS nel tempio malatestiano


ARTICOLO E FOTOGRAFIE
 / Isabella Dalla Vecchia e Sergio Succu

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Città di Rimini
Femminino / dee pagane / Iside
Immortalità
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Sesso e amore / storie d’amore

A guardarlo, tutto si direbbe, fuorché si tratti di una chiesa. Il Tempio Malatestiano di Rimini è un grande blocco bianco quasi inaccessibile, bellissimo per la sua unicità, affascinante per ciò che cela. Eppure è in tutto e per tutto un edificio cristiano, anche se nasconde simboli occulti molto potenti.

Fu costruito per volere di Sigismondo Pandolfo Malatesta a partire dal 1449 su disegno di Leon Battista Alberti di cui è impossibile non notare l’inconfondibile stile. Sigismondo, innamorato dell’arte, non poteva che amare la bellezza e l’amore vero. Fu meravigliosa la sua storia d’amore con Isotta, prima amante e poi legittimata come moglie, dopotutto era un capitano colto, generoso e capace di amare per davvero, anche se le regole della famiglia richiedevano matrimoni di interesse. Lo dimostra questo Tempio, una stanza alchemica per le nozze sacre tra lui e Isotta degli Atti, figlia di un mercante riminese, che amò teneramente e sposò nel 1456, dopo la morte della seconda moglie Polissena.

Il simbolo IS

Un elemento di forte presenza in tutto il Tempio è la parola IS – si può contare per ben 500 volte! – presentata in un modo molto particolare con la I che viene avvolta dalla S in un’immagine che ricorda fin troppo chiaramente il bastone di Asclepio, precursore del simbolo della medicina o quello di Mosè avvolto dal serpente, a profezia di Gesù innalzato sulla croce. Non sappiamo il perché di questa ossessiva scelta, potrebbe essere l’iniziale di Sigismondo “SI”, a imitazione di altri membri della famiglia Malatesta che avrebbero usato le prime due lettere del nome, come fece Novello con “NO” e Carlo con “KA”, oppure come più probabile, potrebbe rappresentare l’unione della prima lettera di Sigismondo “S” con quella dell’amata Isotta “I”, simbolo inciso nel marmo bianco per rendere eterno il loro amore, rafforzato dal fatto che insieme creerebbero il bastone di Asclepio, emblema associato alla guarigione oltre che alla resurrezione e all’immortalità. Questo semidio, figlio di Apollo, grazie alle arti della guarigione, era in grado di non far mai ammalare gli uomini rendendoli in tal modo immortali, licenziosità che fece infuriare Zeus, che voleva un’umanità mortale, unica sostanziale differenza con gli dèi. Per punirlo di questa sua arroganza lo trasformò nella costellazione dell’Ofiuco (serpente) considerata il tredicesimo segno dello zodiaco, quello che bypassa gli altri dodici legati alla materia. Il suo bastone è avvolto dal serpente, immagine di fertilità e rinascita per il cambio della pelle e il continuo e ciclico rinnovamento. Inoltre il serpente si erge in verticale, a richiamo dell’illuminazione, al contrario di quello che striscia sotto terra, governatore della materia. Insomma, Sigismondo costruì un tempio sia per l’immortalità dell’anima, che per quella dell’amore, una camera alchemico-nuziale tra la sposa e lo sposo, un legame eterno come quello dimostrato dal tempio di Abu Simbel, tra Ramses II e Nefertari.

Iside nascosta

In questa sigla così ripetuta, per uno strano gioco del destino, che sicuramente Sigismondo non avrà mancato di notare, vediamo ripetuta la parola “ISIS”, il nome della Dea Iside, la massima espressione del femminino sacro, divinità amata e adorata dagli gnostici. Iside rappresenta simbolicamente il trono, il recipiente, colei che accoglie la sapienza universale. È sul suo ventre che si siede Horus, che è Osiride (lo sposo) trasformato, risorto solo grazie alla sposa divina, che è al contempo sua sorella e madre. Un culto dedicato a Iside mai svanito, inizialmente acquisito dai Romani in terra d’Egitto e portato nel continente, in seguito officiato segretamente dai Cavalieri Templari e dai gruppi gnostici attraverso la diffusione delle Madonne Nere e dell’adorazione di Maria Maddalena. Non è un caso dunque che nell’epigrafe dedicata, Isotta venga chiamata come “diva” ovvero “Dea”. Ecco che l’unione tra Sigismondo “S” e Isotta “I” genera “ISIS”, il femminino sacro, il divino puro e incontaminato creato dalle nozze mistiche. (SI) Sigismondo fa sua Isotta, (IS) assimilandola nelle sue iniziali, (ISIS) dalla loro unione nasce la Dea Iside, ($) l’unione della I e della S, infine, diviene simbolicamente il bastone di Asclepio, lo strumento della medicina in grado di guarire e rendere immortali tutti gli uomini.

Iside velata

Non a caso all’interno è presente una formella con scolpita una bellissima donna velata, coperta da un lungo tessuto, che pare una meravigliosa Diana Vittoriosa, sopra un carro trainato da due cavalli, con il quale conduce la luna tenendola per mano. Questa Dea ha la particolarità di avere sopra il capo un grande velo della sposa, che la ricopre e la incorona. Un’immagine che rappresenta a tutti gli effetti Iside velata sotto la cui stoffa preziosa si cela la Verità della Dea che un giorno sarà rivelata.

In questo tempio sembra essere la donna, la vera protagonista, che si mostra in diverse forme e che al contempo si nasconde. Alla Dea che abbiamo di fronte, viene voglia di togliere il velo, così sottile ma allo stesso tempo opaco. Solo il vero iniziato potrà farlo, solo colui che saprà trasformare alchemicamente il marmo in seta svelando così la sua vera essenza.