Chiesa delle Sante Via Limit, 25044 Capo di Ponte BS / Ad oggi il masso erratico con le “impronte delle sante” è inglobato all’interno della chiesa e rimane importante meta di pellegrinaggi.
LE MANI DI PIETRA
ARTICOLO E FOTOGRAFIE / Isabella Dalla Vecchia e Sergio Succu
FOTOGRAFIE / Mirko Urso e Gianluca Cinquilli – mirkovic7@virgilio.it
__________________________
CATEGORIE
impronte
miracolistica
leggende
oggetti (pietre)
Simbolo: Uomo (impronte)
Luogo: tra il Parco delle Incisioni Rupestri di Naquane e il sito preistorico di Dos dell’Arca nella città di Capo di Ponte – Via Limit, 25044 Capo di Ponte BS
Questo articolo è diviso nei seguenti capitoli:
• La Chiesa delle Sante
• Le mani di pietra
La Chiesa delle Sante
Si chiama “Località Hante”, nome che deriva da “Sante”, un territorio un tempo in gran parte disabitato e adibito alla coltivazione. In questo ambiente sorge la Chiesa delle Sante, dedicata a Faustina e Liberata.
L’edificio che possiamo vedere oggi, venne costruito su un oratorio del XII secolo, orientato a est-ovest dedicato all’Ascensione. Un edificio già in rovina che anziché allontanare, avvicinava i fedeli perché scrigno di un masso protagonista di un episodio miracoloso, perché “fermato con la sola forza delle mani” da due donne e un uomo. Di questo edificio rimane solo una parte dell’abside decorata da un affresco del XV secolo visibile all’esterno della chiesa odierna.
Un ambiente a unica navata con cappelle laterali e affreschi della vita delle Sante. Sopra al paliotto dell’altare del XVII secolo in cui sono rappresentate le due sante Faustina e Liberata, domina l’ancora con il mistero dell’ascensione di Cristo sotto una cupola ottagonale esterna. All’Ascensione non solo era dedicato l’oratorio precedente, ma fino al 1707 veniva annualmente organizzata un’importante fiera proprio il giorno dedicato all’ascensione.
Un evento che nel tempo divenne sempre più frequentato, al punto che il Capitano della Valle, quell’anno, accogliendo una richiesta degli Amministratori di Cemmo, vietò la fiera perché divenuta troppo caotica creando disagio e disturbo all’eremita che viveva nell’edificio. Mai dimenticata, venne riorganizzata più tardi, poco distante, verso la zona abitata di Capo di Ponte.
A sinistra della navata campeggia uno dei primi altari dedicati a San Carlo Borromeo, perché dedicato a lui subito dopo la canonizzazione, avvenuta nel 1610. San Carlo Borromeo fu una presenza importante perché nel 1580 unì l’oratorio delle Sante alla chiesa di San Martino in Capo di Ponte. Dopotutto era una chiesa molto contesa per via della fama del “miracolo delle Sante” che portò offerte inimmaginabili, al punto che l’Arciprete di Cemmo decise di costruire una nuova chiesa più ampia. I lavori durano 24 anni e nel 1614 viene finalmente terminata e consacrato il nuovo edificio.
Così ampio attirava ancora più fedeli e l’edificio divenne una vera e propria miniera d’oro, motivo che lo fece a lungo contendere tra i parroci di Cemmo e di Capo di Ponte. Ebbe la meglio Capo di Ponte che lo ottenne in seguito al ricorso al Senato Veneto del 1710, sicuramente per via dell’unione con San Martino, ricordato peraltro nell’epigrafe della parete interna. La scritta nel timpano dell’entrata ricorda invece a chi sarebbe dedicata la chiesa: “Sanctis Dei Virginibus Liberata et Faustina”, sante di cui sono presenti le reliquie, dentro un reliquario d’argento del XVII secolo.
Le mani di pietra
All’esterno della chiesa verso oriente è possibile trovare la Cappella del Santo Sepolcro, che conteneva un tempo delle statue a grandezza naturale che rappresentavano il Compianto di Cristo. Ma accanto ad essa possiamo incontrare il cuore del luogo, il mistero e l’inspiegabile con un pizzico di inquietudine: la Cappella del masso, sulla cui pietra sono incise sei impronte di mani. Un’immagine inquietante che ricorda le mani della Chiesa del Purgatorio di Roma e porta in sé una leggenda a tratti miracolosa e a tratti oscura.
Lo storico Sina farebbe risalire le impronte all’età del bronzo, periodo in cui popolazioni del luogo le avrebbe incise sulla roccia. Ma la tradizione vuole che le impronte risalirebbero all’epoca medievale, forse scolpite per ricordare un evento miracoloso a cui presero parte gli abitanti di un’intera città, in cui le sante Faustina e Liberata insieme a San Marcello avrebbero compiuto un fatto paranormale.
La leggenda
Un giorno il territorio fu minacciato da una terribile alluvione, motivo che fece correre gli abitanti verso la chiesa delle Sante che sorgeva in una zona sopraelevata. Nel terrore del momento fecero ciò che gli restava da fare, invocare le Sante Faustina e Liberata. Nel frattempo il fiume si ingrossava trasportando dalle montagne con gran violenza sassi, alberi e terriccio, ma sopra ogni cosa giunse minaccioso come un meteorite dal cielo, un enorme macigno diretto verso la chiesa. In quel momento il tempo sembrò fermarsi e come giunti da un’altra dimensione, apparvero due monache e un sacerdote, identificati da tutti come Faustina, Liberata e il tutore Marcello che distesero le braccia e con la forza delle mani fermarono l’enorme masso.
La gente fu salva, ma il masso non fu gettato via, anzi, grazie alla sua posizione, la piena del fiume fu perfino deviata verso valle. Subito dopo le sante figure scomparvero salvando la chiesa e gli abitanti del paese.
Lasciarono però un segno evidente dell’intervento: sei impronte di mani impresse nella pietra. Una forza devastante forgiata per sempre nella roccia, sei mani visibili ancora oggi a ricordo del miracolo. Ad oggi questo masso erratico è inglobato all’interno della chiesa e rimane importante meta di pellegrinaggi.
Ma chi sono le Sante?
Faustina e Liberata nascono nel 550 d.C. a Rocca d’Algisio (PC), sono due sorelle che avrebbero perso la mamma da neonate. Vengono allevate dal padre Giovannes, un nobile molto ricco che dovendo viaggiare molto, le affida al sacerdote Marcello che le cresce e le educa al cristianesimo. Il tempo passa in fretta e presto si fanno notare per la loro raggiante bellezza.
Richieste in spose da sedicenti nobili e cavalieri, loro rifiutano perché innamorate di Gesù Cristo. La pressione del padre diventa insostenibile e un giorno, quando si assenta per lavoro, fuggono insieme al sacerdote Marcello, affidando la loro vita al destino. Il caso le conduce fino a Como dove conoscono altre donne con le quali decidono di fondare un monastero dedicandolo a San Giovanni (ora è consacrato a Santa Margherita).
Un ennesimo esempio di cristianizzazione di un luogo pagano
Come abbiamo detto, lo storico Sina farebbe risalire le impronte all’età del bronzo, periodo in cui popolazioni del luogo le avrebbe incise sulla roccia. La leggenda delle Sante e la costruzione della cappella sopra il masso rappresentano un’ennesima attività di “cristianizzazione” di un luogo pagano, per creare un cambio di stato cultuale e affinché per le popolazioni del luogo fosse meno indolore il passaggio di religione. Sovrapponendo il nuovo culto a quello vecchio si introduceva il cristianesimo in modo quasi “naturale”.
Bibliografia Informazioni sul luogo