RIVALTA (PC) – IL CASTELLO DI RIVALTA / Le invidie erano tante, forse troppe e il cuoco venne purtroppo assassinato senza troppi complimenti. Il suo fantasma vagherebbe ancora per la cucina e per la stanza delle armi.

LA DIMORA DEL DUCA CATTIVO E IL FANTASMA DEL CUOCO


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 / Isabella Dalla Vecchia e Sergio Succu

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Provincia di Piacenza

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La fortificazione del castello di Rivalta è già testimoniata nell’XI secolo. Fu possedimento dei Malaspina e nel XIV pervenne ai Landi che ne conservarono il dominio fino alla fine del XIX secolo quando il maniero passò alla famiglia Zanardi Landi. Il castello era molto conteso perché aveva la particolare caratteristica di essere riparato dal fiume da ben due lati e per questo ha assunto un nobile nome,
Rivalta infatti significa Ripalta, ovvero “castello dei castelli”.
Il cortile è circondato da un porticato con un lato chiuso per seguire la moda di Versailles del tempo che imponeva un corridoio lungo con la fuga di salotti, cosicché guardandolo, si convergeva in un unico punto di fuga. Questa moda, seguita spesso in Italia, ha però mutato l’assetto di molti palazzi e castelli facendo così perdere la loro originalità.

Obizzo Landi viene ricordato per la sua malvagità nel disprezzo con cui trattava i prigionieri, ma soprattutto per la sua avarizia, assassinandoli in modo molto violento, per non sborsare di tasca sua nemmeno un tozzo di pane nelle prigioni.

Ovunque è possibile trovare la frase “Svevo Sanguine laeta”, una frase d’amore, ma a modo suo anche cruenta… significa “Allietata dal sangue svevo”.

I Landi imparentati con l’Ordine di Malta avevano più volte richiesto il diritto di battere moneta landiana. Possedevano una chiave che apriva una porta di Piacenza, quella più importante, il Bastione Fodesta, perché da lì aveva avvio la strada per Milano, su di essa veniva chiesto regolarmente il dazio e veniva anche deciso chi far passare o meno.

Il fantasma del cuoco

Nella sala da pranzo si trovano oggetti di argento, che sembrano tali… ma le argenterie vennero fuse e poi vendute, perché rifatte in bronzo e semplicemente ricoperte d’argento.

In cucina è presente un mortaio molto grande, simbolo di pregio e ricchezza perché lo strumento serviva a sbriciolare il sale che arrivava in grossi cubi. Il sale era molto costoso e averlo in frammenti molto grossi da sbriciolare, significava essere davvero molto ricchi.
Appese alle pareti fanno bella presenza alcune formine di rame raffiguranti diversi cibi (pesci, budini, ecc.). Secondo tradizione al castello lavorava il Cuoco Giuseppe, particolarmente bravo in cucina, ed ogni volta che cucinava qualcosa che al signore di corte piaceva in modo particolare, come ricompensa gli veniva regalata una formina raffigurante proprio quel piatto. E doveva essere un bravo cuoco a giudicare dalla quantità di forme collezionate.
Le invidie erano tante, forse troppe e il cuoco venne purtroppo assassinato senza troppi complimenti. Il suo fantasma vagherebbe ancora per la cucina e per la stanza delle armi. Infatti si ricorda ancora un fatto, nella stanza oltre la parete è sita la cucina moderna, ancora oggi in uso, ma un giorno tutti gli elettrodomestici si sarebbero contemporaneamente accesi anche quelli senza spina e scollegati dall’elettricità!

La terribile “Torre del taglio”

Le prigioni erano solitamente sempre vuote, perché il Conte per non gravare sulle “spese di mantenimento” preferiva ucciderli direttamente. “Signore, ecco le spese di questo mese, io direi che bisogna tagliare alcuni eccessi…”.
E si trattava proprio di tagliare, perché gli sventurati “mantenuti dal Conte” venivano gettati proprio nella torre del taglio, un pozzo molto profondo con delle lame ai lati e sul fondo di mezzo metro, cadendo nel quale non si aveva scampo.
In principio il pozzo del taglio era stato costruito per fungere da ascensore, per portare su una specie di montacarichi degli oggetti pesanti, come olio bollente, armi, ecc.

Si dormiva da seduti!

I letti sono molto piccoli, non solo perché fisiologicamente un tempo eravamo più bassi, ma il motivo principe era il fatto che i nobili mangiavano molto ed essendo abbastanza grassottelli dovevano dormire semi sdraiati, quasi da seduti per facilitare la digestione. Inoltre dormire da seduti esorcizzava in qualche modo la morte, perché da sdraiati secondo la concezione dell’epoca, “riposavano” solo i defunti (vallo a spiegare a quelli che venivano gettati nella torre).

La battaglia di Lepanto

Opera del Brescianino, viene rappresentata la vittoria dei cristiani nella battaglia di Lepanto, la particolarità di questo quadro è che il protagonista, Onorio Scotti, su un cavallo bianco viene illuminato da una luce artificiale proveniente da dietro la roccia.
Nel 1570 ci fu la battaglia di Famagosta in cui Cipro, proprietà veneta, viene attaccata dai turchi e conquistata dagli stessi. Il Bragandino si arrende e consegna le chiavi della città in cambio della vita. I turchi si prendono le chiavi e lo scorticano vivo nella piazza della città. Questa grande offesa venne poi vendicata dai cristiani nel 1571 quando ci fu la rivincita, la battaglia di Lepanto in cui vinsero, quella che viene rappresentata.

La torre viene chiusa con mattoni a lisca di pesce, motivo di risparmio, esclusivamente economico, perché il peso va verso l’esterno e così si autosostiene.

Sala delle armi

Dedicata alla battaglia di Lepanto
Si spensero le luci… contiene anche due armature samurai e katane.
Ci sono ancora le bandiere originali che sventolarono quel giorno!

Stanza del Falcone

Faconi era l’archivista del nonno del proprietario

Sala del biliardo

Un tempo era la sala del Giuoco della Guerra. Il tavolo era simile a quello da biliardo, il gioco tipo Risiko. I nobili se ne stavano seduti e spostavano con lunghe stecche le pedine. Questo gioco era proibito, perché fortemente d’azzardo, i nobili scommettevano, denari, terre, onori e vite delle mogli. In questa stanza abbiamo Bacco e Cerere (fertilità)