Girifalco (CZ) / Molti sono i segreti di Girifalco, e tutti contribuiscono ad assemblare la sua immagine che, sotto occhi curiosi ed attenti, risulta oggettivamente irresistibile dal punto di vista della ricerca, dello studio, della Tradizione.

GIRIFALCO E QUELLA FONTANA DEL DIAVOLO
Articolo di Salvatore Conaci
Foto di Giuseppe Conaci – conacisalvatore@yahoo.com
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“Sacri a te salgano
gl’incensi e i voti!
Hai vinto i Geova
de’ i sacerdoti”.
(Giosuè Carducci, “A Satana”, 1863)

È nel centro della discreta, silente e saggia lingua di terra bagnata dal mar Ionio e dal Tirreno che nasce il mistero. Nell’istmo di Catanzaro, in quello che appare come il punto più stretto della Calabria.
Girifalco, suggestiva cittadina ai piedi del tenebroso e placido Monte Covello, colpisce per la sua espansione, per la gentilezza delle forme e delle persone del posto, e per la generosità delle risorse.
C’è, però, sotto questo velo di puro candore, un sostrato molto interessante, ancora non propriamente illuminato, che rende, questo particolare centro abitato, un posto romanticamente avvolto da un alone di mistero.
Molti sono i segreti di Girifalco, e tutti contribuiscono ad assemblare la sua immagine che, sotto occhi curiosi ed attenti, risulta oggettivamente irresistibile dal punto di vista della ricerca, dello studio, della Tradizione.
Fontana Carlo Pacino di Girifalco, XVII Sec.
Il periodo di formazione – e fondazione – è l’836 circa, quando i Saraceni distruggono i paesi Toco e Carìa, costringendo le popolazioni dei due centri a rifugiarsi su un’altura (oggi località “Pietra dei Monaci”) che garantì loro una migliore difesa e la salvezza. Ma Girifalco non diventa comune effettivo che tra il 1806 e il 1815. Quali siano i padri fondatori di questo affascinante luogo – e quali le vicende principali del periodo d’origine – resta un arcano ancora da svelare, poiché manca, per Girifalco, una ufficiale e chiara storia scritta. Medesima in certezza si riscontra volendo rintracciare l’etimologia esatta della cittadina, sulla quale molto ci sarebbe da scrivere e leggere.
Origini misteriose, dunque. Radici che affondano nella leggenda, nella notte dei tempi. Ed è proprio nel centro storico, nel posto in cui Girifalco vide agitarsi le prime generazioni dei suoi figli, che, ancora oggi, è ben visibile una delle tracce più misteriosamente affascinanti della Girifalco ‘segreta’. Il punto in cui la leggenda, il folklore, la Tradizione, incontrano la storia: la raffinata fontana barocca.
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Mascherone simbolico, Particolare Fontana Carlo Pacino
Conosciuta anche come “Fontana di Carlo Pacino” (dal nome del sindaco in carica al tempo), venne costruita nel XVII secolo (anno 1663) accanto alla chiesa – anch’essa risalente al medesimo secolo; anch’essa costruita secondo i suggestivi dettami del Barocco – consacrata al Santo Patrono della cittadina: San Rocco.
Da subito, una convinzione comune poi divenuta mito, leggenda, iniziò ad aleggiare attorno a quel fine monumento che, a pochi passi dalla Casa di Cristo, posto in quella precisa posizione, pareva voltarle le spalle, precederla prepotentemente con la sua bellezza geometrica. Secondo l’immaginario collettivo, infatti, quella grande fontana era stata costruita dal Demonio, in una sola notte!
L’immondo Avversario di Cristo, si sarebbe cimentato, egli stesso, in una prodigiosa ostentazione di potenza e di fine creatività, ponendo il frutto della sua volgare vanità dinanzi alla chiesa, come a voler imporre la sua presenza tra l’uomo e l’Altissimo, come a confermare quella millenaria scissione e concorrenza.
Qual è la differenza, però, tra questo monumento girifalcese e l’enorme parte delle altre costruzioni ‘luciferine’, sparse per il mondo? Cosa contribuì ad irrobustire il mito, a rendere seriamente solida la leggenda? A fare un’iniziale differenza fu un particolare. Sul primo gradino della struttura, posta sul lato di fontana che guardava alla chiesa, era ben visibile la firma del tenebroso artefice: la forma di una zampata caprina che tanto si distingueva dalle altre imperfezioni sulla superficie della pietra arenaria di cui è fatto il monumento.
Ma, volendo andare oltre l’aspetto più superficiale del mito; volendo cercare un fondamento più solido, davanti a cosa ci troveremmo?
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Ramo di Acacia, Particolare Fontana Carlo Pacino
Tre gradini, posti su tutti i lati di una struttura perfettamente ottagonale. Rami d’acacia, perfette volute ipnotizzanti, mascheroni simbolici…
La fontana fu opera degli scalpellini, costruttori professionisti del lavoro della pietra, insuperabili nell’arte muratoria. Essi, abili e padroni gelosi dell’arte, erano capaci di costruire le loro meravigliose e strabilianti opere in poco tempo. Fu proprio la celerità della costruzione della fontana a suggerire l’idea di un’opera demoniaca. I probi abitanti di Girifalco, infatti, quasi prevalentemente agricoltori, lasciavano il paese prima ancora che il sole sorgesse, per raggiungere i campi. Essi rientravano nel tardo pomeriggio, quando le ombre iniziavano a carezzare le vie del paese. Agli scalpellini erano bastate poche ore per assemblare la fontana, facendola trovare già completamente finita ai girifalcesi che, non spiegandosi l’evento additarono il Principe delle Tenebre.
Fuorviante, però, pensare che sia finita qui. Pensare che tutto sia esclusivamente frutto di una suggestione. Gli scalpellini, infatti, erano fini maestri che, nel loro mestiere, avevano nella Chiesa il loro maggiore cliente. Essi avevano costruito le più strabilianti e durature cattedrali e chiese medievali (opere per le quali, ancora oggi, ingegneri ed architetti non riescono a darsi una spiegazione). Rapporto professionale, questo, che molto spesso sfociava in incomprensioni, contrasti, e ripercussioni da ambo i lati. Non era insolito, infatti, che i muratori rispondessero ai contrasti con frecciate velenose che scolpivano nella pietra. Uno degli esempi più noti e più evidenti è il caso della Cappella di Rosslyn (chiesa gotica risalente al XV secolo, situata a Roslin, nel Midlothian, in Scozia). Nella chiesa in questione, molti sono i segni – lasciati dai muratori – di questo velenoso rapporto: un frate e una suora scolpiti in atteggiamenti compromettenti; simboli gnostici; colonne raffiguranti la potenza fallica. Tutti elementi che – non unici al mondo – provano quanto fosse freddo ed ambiguo il rapporto tra l’istituzione ecclesiastica e la corporazione degli scalpellini. Essi, liberi da limiti, preconcetti e timori reverenziali, si scagliavano ferocemente, ma con sottile eleganza, contro l’arroganza impettita della Chiesa, senza titubanza di sorta, toccando temi che tanto si scostavano dall’insegnamento ecclesiastico. Talmente tanto da essere imputati alla magia, all’esoterismo, al Demonio. Per nulla casuale che, a partire dal XVI secolo, proprio essi ebbero un ruolo fondamentale nella nascita della Massoneria moderna, tanto avversa alla Chiesa Cattolica.
Sarebbe, a questo punto azzardato – superata la più elementare immagine del Diavolo-costruttore – avanzare l’ipotesi d’un costruttore-Diavolo?
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