LANCIANO (CH) – CHIESA DI SANTA CROCE / Recentemente (2003) un frammento dell’ostia e della tovaglia insanguinata sono state riportate a Lanciano e, sono esposte nella chiesa di S. Croce, la quale è stata ricavata dalla stalla della Ricciarella dove avvennero i fatti.
LU FRIJACRISTE (IL FRIGGICRISTO)
articolo e fotografie di Simone Cortese – simonecortese1984@libero.it
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MIRACOLISTICA
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La storia di un prodigio che anche a Lanciano, ancora in pochi conoscono

A Lanciano, nell’antico quartiere di Lancianovecchia, come non molti sanno si conserva, la testimonianza di un evento prodigioso: il secondo miracolo eucaristico conservato in città, il cosiddetto “Frijacriste” che nel dialetto locale significa letteralmente “friggicristo”. Ma, andiamo per ordine e, cerchiamo di ricostruire questa eccezionale vicenda intrisa di fede e mistero. Siamo nel 1273 e, i protagonisti di questa storia sono una popolana di nome Ricciarella e suo marito: il pastore e allevatore Giacomo Stasio entrambi residenti a Lanciano che, all’epoca faceva parte del Regno di Puglia. La donna che, voleva riconquistare l’affetto e l’amore del marito, si rivolse ad una fattucchiera perché le indicasse il modo di realizzare il suo intento.
“Accostati alla comunione fu la risposta, prendi l’ostia consacrata e, ponila sul fuoco; ricavatane una polvere, offrila mescolata a cibo o bevanda a tuo marito ed in questo modo riotterrai l’affetto del tuo sposo”.
Ricciarella allora si accostò alla comunione e fece cadere furtivamente l’ostia che, il sacerdote le aveva dato, nel suo seno recatasi a casa prese l’ostia e la mise sul fuoco raccolta in un coppo. Miracolosamente una parte di questo si trasformò in carne sanguinante macchiando tutto il contenitore. Spaventata la donna cercava di arrestare il fenomeno gettandovi cenere e cera liquefatta, ne restano infatti ancora segni evidenti sul coppo insanguinato e sull’ostia diventata carne. Risultato vano ogni tentativo, Ricciarella prese una tovaglia di lino ricamata in seta vi avvolse il coppo insanguinato e l’ostia e, recatasi nella stalla decise di seppellire tutto l’involucro nel luogo dove erano ammassate le immondizie della casa.
Santa Croce, Tela del Miracolo
La sera il marito Giacomo Stasio, cercò di far entrare nella stalla il suo asino ma la bestia contrariamente al solito non voleva entrare. Bastonata e costretta con la forza l’animale entrò ma si inginocchiò come in adorazione davanti al posto dove era celato il miracolo.
Il marito accusò allora la moglie di aver fatto qualche incantesimo alla stalla che impediva all’asino di entrare ma, la donna negò sempre ogni addebito per sette lunghi anni, fino a quando vinta dal rimorso decise di confessare il tutto al curato del vicino convento di Sant’Agostino dove era priore tal frate Giacomo Diotallevi. Il religioso sconcertato ma al tempo stesso deciso si recò subito nella stalla e non ritenendo quel luogo adatto a conservare un simile prodigio, rovistò nel letame e notò con suo grandissimo stupore che la sporcizia in quei sette anni non aveva affatto contaminato né il coppo né il panno, recuperò allora il sacramento e lo porto nel suo convento. Pochi giorni dopo avutone il permesso da propri superiori si recò nel suo paese natale ad Offida: un piccolo centro delle Marche e mostrò ad un certo frate Michele e ad alcuni suoi illustri concittadini la preziosa reliquia che possedeva.
Il posto in cui erano celate le reliquie
Gli offidani consapevoli che ad una simile reliquia fosse dovuto il massimo onore stabilirono di far realizzare un prezioso reliquiario e raccolta una certa quantità di argento incaricarono il su citato frate Michele Mallicano di recarsi a Venezia per far realizzare una croce artistica dove deporre e conservare il sacramento. Il frate subito dopo la Pasqua accompagnato da un suo confratello si recò nella città lagunare per commissionare il prezioso reliquiario e, all’orefice prescelto fece giurare di non rivelare a nessuno quello che si doveva porre nella croce. Dopo il giuramento l’orefice prese la pisside contenente l’ostia e fu subito pervaso da febbre. “Cosa mi hai portato o frate” esclamò.
Santa Croce, Portale d’Ingresso
Il frate gli domandò “Sei in peccato mortale?”, “si” rispose l’artista che fu convinto a confessarsi: sparita immediatamente la febbre egli potè finalmente realizzare la sua commissione. I frati ad opera completata, partirono da Venezia portando con loro la preziosa reliquia ma, l’orefice venendo meno alla sua promessa riferì tutta la vicenda al Doge, consigliandoli di far sequestrare le reliquie per conservarle e venerarle in città.
Il doge si adoperò allora per arrestare i frati che, però erano già in navigazione, tuttavia il mare in tempesta impedì ai marinai veneziani di catturare i religiosi e il Doge, intuendo che quello era il volere di Dio, non li ostacolò più. Fu così che sotto ottimi auspici i frati giunsero ad Offida dove il miracolo e tutt’oggi conservato nella chiesa di Sant’Agostino.
Questo racconto è documentato da una pergamena dell’epoca, oggi andata persa ma di cui si conserva una copia autentica fatta per mano di un notaio nel 1778, inoltre esistono numerosi altri documenti che testimoniano questi fatti: numerose sono le bolle papali, quella di Bonifacio VIII del 20 settembre 1295, di Giulio II, di San Pio V, Gregorio XIII, Sisto V, Pio IX e Paolo VI e interventi di congregazioni romane, decreti vescovili, gli statuti comunali di Offida risalenti ai primi anni del ‘400; numerosi doni votivi, i più antichi dei quali risalgono al XIV secolo, gli anelli pontifici dono di Pio II e Paolo II, svariate epigrafi ed iscrizioni oltre ai pregevoli affreschi del maestro Ugolino di Ilario nella cappella del SS. Corporale del duomo di Orvieto.
Recentemente (2003) un frammento dell’ostia e della tovaglia insanguinata sono state riportate a Lanciano e, sono esposte nella chiesa di S. Croce, la quale è stata ricavata dalla stalla della Ricciarella dove avvennero i fatti.
INFO UTILI
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(c) articolo e fotografie di Simone Cortese – simonecortese1984@libero.it