Monte Caprione (SP)

 

LA FARFALLA DI LUCE


ARTICOLO E FOTOGRAFIE / ISABELLA DALLA VECCHIA

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Provincia di La Spezia

Luce
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In Liguria, all’interno di un’area sacra del Monte Caprione vicino Lerici (SP), ogni anno in occasione del solstizio d’estate (21 giugno) un raggio di sole forma su una pietra una bellissima “farfalla di luce”. L’effetto è incredibile: il fenomeno dura circa un’ora e si ripete ogni crepuscolo nei 30 giorni intorno al 21 giugno, il giorno di massima espressività luminosa, il bosco reso oscuro dal crepuscolo viene attraversato da una galleria di luce perfettamente visibile (esattamente come quello delle vecchie proiezioni cinematografiche) e, senza incontrare impedimenti di alberi o massi, tocca un Mên-an-Tol (masso forato) che attraversato, forma su un menhir, la farfalla luminosa.

Gli antichi conoscevano il valore del simbolo ed osservavano la realtà per trarne insegnamento. Se dunque guardavano per ore, giorni, mesi il comportamento di un piccolo insetto, altrettanto facevano per gli astri alla ricerca dell’unica immensa domanda “perché siamo qui?”. Erano popoli tutt’altro che preistorici, con un concetto di anima più intenso del nostro. Quando il Dio Sole interagiva sulla terra si formava il Tempio, all’interno del quale avvenivano riti fondamentali per la comunità. Rituali di morte, di rinascita, di fecondità o di ringraziamento, all’interno di un luogo dalla forte energia perché lì, e solo lì, uomo e Dio potevano incontrarsi.

Ed ecco che il simbolo della farfalla non è casuale: essa è il simbolo universale della morte e della resurrezione. Questo insetto straordinario nasce bruco, metafora della materialità in quanto striscia nella terra e di essa si nutre, si incuba nella “pupa” trasformandosi in meravigliosa farfalla, compiendo una metamorfosi in essere celeste, proiezione dell’anima che abbandona nella polvere un corpo melmoso e indefinito. Un semplice insetto unisce tutte le religioni nel comune concetto delle tre tappe dell’anima umana: vita materiale (bruco), morte (crisalide), resurrezione (farfalla).

Ma chi è stato in grado di comprendere tali conoscenze? Lascia sorpresi a scoprire che era un popolo primitivo, che non conosceva la scrittura, motivo questo che ci ha impedito di conoscere la loro storia. Erano i Liguri Celti, colonizzatori della Liguria e del Piemonte, si estesero fino alla Francia meridionale e alla Sardegna a partire dal 2000 a.C., di sicuro non erano uomini dalle imprese facili. Era considerato “antico” dagli stessi romani, il primo che li cita è Esiodo (VIII – VII a.C.), riportato da Eratostene (III secolo a.C.) e da Strabone (I secolo d.C.) che li indica insieme agli Etiopi e agli Sciti, come il popolo più antico dell’Occidente. E’ scritto che ai confini del mondo conosciuto esistevano solo questi tre popoli, ma la figura dei Liguri è controversa, in quanto nel papiro Oxy 1358 fr.2 viene utilizzato il termine “libui” termine che potrebbe indicare “libici” anziché “liguri”, diatriba che divide il mondo degli storici in due.

L’area è molto vicina al delta del fiume Magra, che segnava il confine tra Liguri Celti ed Etruschi, un altro popolo particolarmente enigmatico. Vivevano un rapporto di odio-amore, fatto di guerre e pacifici scambi commerciali. E’ infatti stata qui ritrovata nel 1992 la Stele di Lerici, incisione di un guerriero con indosso sia elementi celtici che etruschi, come se fosse un matrimonio politico, un’alleanza. Le armi, lancia e spada sono celtici, mentre la difesa, lo scudo è etrusco.

Ci troviamo nei pressi di Lerici e anche questo non è un luogo casuale. La città ha nello stemma un leccio, da cui proviene anche il nome. Un luogo di lecci dunque, alberi ambigui perché da sempre legati all’aldilà e al trapasso, le tre parche ad esempio si coronavano con le sue foglie. Ovidio narra che le api, simbolo delle anime immortali, amavano posarsi sui lecci, in grado di emettere profezie, perché veniva spesso colpito dai fulmini, acquisendo l’energia divina del cielo. Alcune leggende narrano che la croce di Cristo sarebbe stata fatta con legno di leccio, perché tutti gli altri alberi si frantumavano in mille pezzi, rifiutando questo enorme peso psicologico. Ma la croce è lo strumento della resurrezione nella luce, la stessa generata da una farfalla.