Formello (RM) / Appena “fuori porta”, a pochissimi chilometri dall’Urbs aeterna, immerso nel verde del Parco di Veio, c’è l’ameno paese di Formello e qui, nel Museo dell’Agro Veientano, adesso fa bella mostra di se – ma non dei suoi scomparsi “attributi”! – una curiosa “statua parlante”, da tempo immemore denominata “Maripara”.

LO STRANO “MARIPARA” DI FORMELLO, LA SETTIMA “STATUA PARLANTE” DI ROMA E DINTORNI

ARTICOLO / Roberto Volterri
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Appena “fuori porta”, a pochissimi chilometri dall’Urbs aeterna, immerso nel verde del Parco di Veio, c’è l’ameno paese di Formello e qui, nel Museo dell’Agro Veientano, adesso fa bella mostra di se – ma non dei suoi scomparsi “attributi”! – una curiosa “statua parlante”, da tempo immemore denominata “Maripara”.
Mi è apparso subito interessante iniziare una ricerca su questo “Pasquino” paesano, su questa statua non conosciutissima dove ancor oggi, qualcuno, di soppiatto, affigge mordaci rime contro – si fa per dire… – il parroco, il Sindaco, il maresciallo dei Carabinieri, insomma, contro… tutti!
Così, avendo la possibilità di fare ricerche d’archivio nella documentazione conservata presso il Comune del paese, chi scrive non ha esitato ad intraprendere un interessante, curioso, istruttivo “viaggio” a ritroso nel tempo.
“Un viaggio durante il quale, pian piano, sono emerse testimonianze orali, ricordi da tempo sepolti nei labirinti della memoria, negli archivi comunali, nelle antiche Delibere Consigliari, “ricordi” che hanno consentito di dar vita a queste brevi note..
Però non è stato facile, non è stato affatto semplice reperire in tempi relativamente brevi dettagliate notizie, inedite immagini, testimonianze dirette e indirette sulle vicende che hanno accompagnato il “Maripara” di Formello a partire da quei lontanissimi giorni in cui da un terreno di quello che oggi definiamo “Parco di Veio” emersero alcune statue a seguito della campagna di scavi – definiamola così… – promossa dal cardinale Flavio Chigi (1631 – 1693), appassionato cultore di studi di carattere umanistico, Prefetto della Sacra Congregazione della Salute, Prefetto presso il Tribunale dell’Apostolica Segnatura di Giustizia, Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, Prefetto presso la Sacra Congregazione dei Confini dello Stato della Chiesa e… molto altro ancora.
Verso la seconda metà del XVII secolo Flavio Chigi elegge il paese di Formello a sua residenza privilegiata, dimorando nel bel palazzo che da lui prende il nome e, nei periodi estivi, anche a Villa Versaglia, oggi, purtroppo, in stato di quasi totale abbandono.
Lo spunto che ha dato l’avvio a questa ricerca è stato l’accostamento tra la statua del “Maripara” e le sei “Statue parlanti”, Pasquino in primis, che fungevano da lapidei, quasi innocui ma non per questo meno efficaci, “Grilli Parlanti” di una cinquecentesca Roma in cui ad ogni piè sospinto nasceva l’occasione per criticare questa o quella decisione del Papa, l’inefficienza del locale Prefetto, le angherie del potente politico di turno.
Insomma delle piccole o grandi prepotenze di quella che da sempre viene definita “Casta”.
A parte varie testimonianze raccolte molto recentemente tra le persone più anziane di Formello – qualcuno ricordava infatti che, similmente a quanto avveniva a Roma tra “Pasquino” e “Marforio” o “Lucrezia”, il “Maripara” e l’”Imperatore” – un’altra statua emersa dagli antichi scavi – ricevevano e “si scambiavano” messaggi di protesta
“La statua del Maripara è per Formello quello che la statua di Pasquino era per Roma dove la “Congrega degli Arguti” lasciava “messaggi” sull’attualità del giorno. I sacrofanesi nel passato chiamavano i formellesi “I grilli parlanti” per i tanti grilli che cantavano nella campagna circostante. E come grilli parlanti con la Maripara di Formello si firmavano i “Pasquino” di allora… La statua del Priapo a grandezza naturale, una delle due statue “simbolo” di Formello tanto da aver dato il soprannome di maripare alle donne di Formello, fin dagli anni del Cardinale Chigi era posta all’ingresso del Borgo…”
si legge infatti in alcune note a cura del Museo dell’Agro Veientano.
Ma perché “Grilli Parlanti” nella più positiva accezione del termine, ovviamente?
Perché il Grillo Parlante, immaginario personaggio dell’indimenticabile “Le avventure di Pinocchio” di Collodi, ammonisce il poco avveduto, presuntuoso, impertinente, sfrontato e forse anche un po’ arrogante burattino, impersonando così la voce della coscienza, della saggezza delle persone di buon senso. A volte stanche di sopportare la prepotenza e l’altezzosità di personaggi nei confronti dei quali Madre Natura sia stata molto parca nel distribuire neuroni e ancor più distratta nel collegare le loro evanescenti sinapsi…
“Grilli Parlanti”, quindi, nell’accezione che gli abitanti del vicino paese di una Sacrofano d’altri tempi chiamavano qualunque abitante di Formello, non solo a causa dei tanti simpatici ortotteri che “cantavano” nella campagna circostante (anche in quella di Sacrofano, suppongo!), ma come “voce interiore” del popolo che avrebbe voluto portare i “potenti” a riflettere sul loro arrogante operato. Sia il “potente” rappresentato dal Papa, sia esso identificato nel regnante di turno o dal Capo della locale Gendarmeria. Senza rèmora alcuna!
In effetti la curiosa statua del “Maripara” appare come una “vivente Cornucopia”, un indiscutibile simbolo di abbondanza, di fecondità, di vita…
Ma anche una sorta di simpatica “Statua parlante” analoga a quelle ben più note che fecero venire il sangue amaro alla Roma dei “potenti” del XVI secolo. E anche dopo…
Chi curò la sistemazione del “Maripara” sulla piazza antistante la porta di Formello?
Da dove proveniva il barbuto, rozzo ed irsuto Priapo figlio di Afrodite, la dea della bellezza, e di Dioniso? Priapo, però, ormai non più “barbuto” poiché della testa (e non solo…) si sono perse le tracce!
Qualche utile notizia si può trovare negli archivi formellesi e in essi abbiamo “scavato” per rintracciare ogni possibile informazione che fosse in grado di farci ricostruire le vicende che hanno accompagnato fino ai nostri giorni il “Maripara”…
Formello / Di MM – Opera propria, Pubblico dominio,
https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1800170
“… La statua, databile nel 150 – 175 d.C. ca. – scrive la dottoressa van Kampen, Direttrice del locale Museo – considerando la sua grandezza, originariamente probabilmente raffigurava una statua di culto e dovrebbe provenire da un tempio ionico sul pianoro di Veio (forse da collegare al toponimo Campetti), frutto degli scavi del periodo 1661- 1669 del Cardinale, descritti da Pietro Santi Bartoli. La prima di una coppia di Dij degli Orti portava frutti come segno di fertilità, simboleggiata anche dalla connotazione sessuale maschile e femminile. La statua è stata oggetto di restauri seicenteschi probabilmente da attribuire a Baldassarre Mari – e così sappiamo finalmente chi ha messo mano alle prime cure, ”di pronto soccorso”, alle statue – come testimonia la descrizione degli interventi pagati il 19 novembre 1662, la quale calza alla perfezione quanto oggi conservato e quanto mancante, con le grappe degli interventi dell’epoca come testimonianza…”.
Passano gli anni, passano i secoli e dopo mille peripezie, verso la fine degli anni Cinquanta, finalmente, il Maripara trova (quasi) definitiva collocazione nei giardini pubblici del paese di Formello, dove chi scrive lo vede per la prima volta e lo fotografa nel lontano 1985…
““Maripara”, “Maripara”… chi era costui?”
Per concludere questo rapidissimo excursus sulla “settima statua parlante” che fa degna compagnia alle altre sei disseminate per la città di Roma, non intendo paragonare il Maripara al Carneade di manzoniana memoria ma vorrei soltanto riportare qualche ipotesi sull’origine dello strano epiteto con cui il Priapo formellese venne chiamato fin da quando fu ufficialmente esposto per volere del cardinale Flavio Chigi.
Forse fu proprio il cesto che funge da “Cornucopia”, da simbolo di abbondanza e di fertilità, insieme alla veste alzata a mostrare veramente… ad abundantiam, la condizione (una volta…) itifallica della statua, a dar vita all’espressione “M’aripara”, ovvero “Mi protegge”…
Oppure lo strano nome potrebbe avere una connotazione – diciamo così – più scientifica derivando da “Maria para”. Cioè Maria che offre i suoi frutti ad un ipotetico “Imperatore” rappresentato dall’altra statua rinvenuta durante gli scavi del 1661-1669? Chissa?
Il suo epiteto, “Maripara”, comunque “… non può non offendere il delicato sentimento del pudore…” sentenziò senza ripensamenti la delibera comunale del 1889 che impose la rimozione della statua dalla piazza antistante l’ingresso al paese.
Ė invece estremamente probabile che l’itifallico “Maripara” venisse poi adottato dai maggiorenti del paese di Formello – un ben lungimirante e culturalmente “disinibito” cardinale Chigi in primis – proprio come beneaugurate simbolo di prosperità per il paese stesso…
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Questo strano libro vorrebbe essere il naturale seguito sia di Archeologia dell’Impossibile (Eremon Edizioni) sia di Archeologia dell’Introvabile (SugarCo 2006) dedicati – more solito… – ad un approccio eretico allo studio delle opere d’arte, dei reperti archeologici. Nel libro si cerca quindi di abbinare, in una strana simbiosi, le atipiche ricerche di Archeologia Psichica con le ancor più atipiche ricerche sulle cosiddette Catene Lineari del Corpo e dello Spirito, studiate a lungo e con strabilianti, quasi incredibili risultati – fin dai primi anni del secolo
scorso – dal neuropatologo professor Giuseppe Calligaris. Alcuni Capitoli del libro sono inoltre dedicati ad altri inconsueti metodi di prospezione archeologica, quali la Radiestesia e la Rabdomanzia, argomenti questi che meriterebbero, di essere ulteriormente studiati con mente aperta, senza alcun pregiudizio e soprattutto alla luce di quanto ai giorni nostri si conosce del complesso funzionamento del cervello e del sistema nervoso umano. Un breve Capitolo è poi dedicato ad esperienze ai limiti dell’incredibile: dall’epigrafe che viene letta solo da
un accreditatissimo archeologo alle immagini del passato (?) immortalate da
una comune macchina fotografica. Nel libro non mancano però alcune Appendici dedicate ai metodi di indagine più ortodossi e tecnologici, quali il sistema basato sulla resistività
elettrica del suolo, sulle sua capacità di condurre segnali a frequenza ultrasonica, nonché metodi basati sull’elettromagnetismo, quali il comune
metal-detector e il ben più sofisticato Georadar.
Per continuare i viaggi tra i misteri della Storia…
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Cari lettori e frequentatori di “Luoghi Misteriosi”, sapete bene che sarebbe ben arduo sperare di rintracciare in qualche Museo alcuni dei reperti descritti in questo libro scritto da Roberto Volterri e pubblicato da Eremon Edizioni. Perché? Ma è semplice: perché… essi non esistono o non sono mai esistiti. Almeno ‘ufficialmente’… Questo lavoro vorrebbe, quindi, colmare tale lacuna e dovrebbe essere inteso come un vero e proprio “Manuale di Archeologia eretica”, indispensabile a tutti quei ricercatori dell’ignoto che vogliono affrontare uno studio sperimentale sulle “possibili tecnologie antiche”, con l’indispensabile apertura mentale necessaria ad intraprendere una strada irta di ostacoli, ma soprattutto nel pieno rispetto dell’ortodossia scientifica.
L’Autore, pur occupandosi in ambito universitario degli aspetti più concreti della ricerca archeologica, ha tentato di ricostruire impossibili oggetti, basandosi in alcuni casi su testi biblici, in altri su testimonianze storiche e in qualche caso facendo “atto di fede” nei confronti di qualche studioso del passato che ha sostenuto di averli visti o di averli realizzati egli stesso. Pila di Baghdad? Arca dell’Alleanza? Lumi eterni? Bussola Caduceo? Specchi ustori? Urim e Tummin? Lente di Layard? Sono degli oggetti “impossibili”… ma non per tutti e, seguendo le indicazioni fornite in questo libro, anche voi riuscirete a realizzarli facilmente!
Per continuare i viaggi tra i misteri della Storia…
Enigma Edizioni
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Cell. 347 800 471 6
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