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Luogo: Santuario di Ornavasso (VB)
Questo luogo appartiene al gruppo:
alchimia (arte)
animali (farfalla)
femminino sacro
personaggi (Walser)
graal
Simboli:
costellazioni (sole roteante)
sirena
Regione:
Piemonte
I capitoli di questa pagina sono:
• Storia e geografia
• Alla scoperta di Ocelum
I MISTERIOSI WALSER E L'ENIGMA DELLA CATTEDRALE ALCHEMICA
Articolo e fotografie di Francesco Teruggi - info@francescoteruggi.com
www.francescoteruggi.com
I capitoli di questa scheda sono:
• Il misterioso popolo dei Walser
• La Cattedrale alchemica di Ornavasso
L'intera vicenda è stata finalmente riscoperta
e ricostruita in ogni dettaglio nel saggio divulgativo
“Il Graal e La Dea”, pubblicato da Giuliano Ladolfi Editore
nel 2012. Per saperne di più
Il misterioso popolo dei Walser
Agli albori dell'anno Mille, proprio quando sembrava avvicinarsi la temuta Fine del Mondo annunciata dall'Apocalisse, mentre fiorivano racconti popolari e il millenarismo dilagava tra superstizioni profezie e dottrine escatologiche, un gruppo di origini ancora misteriose, forse alto-alemanniche, giungeva nella Valle del Goms, percorrendo i passi lasciati liberi dalle nevi che li avevano ricoperti nei secoli precedenti.
I Walser, queste genti robuste, forse gli ultimi discendenti dei Sassoni che, nel VIII secolo, erano migrati verso l'Europa centro-meridionale, giunti nel cuore delle Alpi Svizzere, tra il Gottardo e l'Oberland Bernese, non scelsero le pianure o gli alpeggi più bassi, ma salirono alle quote più alte e inospitali. Qui, dove si credeva riuscissero a sopravvivere solo demoni e animali mostruosi, fondarono le loro prime colonie, plasmando e addomesticando la montagna.
Il loro diffondersi verso Sud-est si verificò solo più tardi, tra il XIII e il XV secolo, quando piccoli gruppi di coloni cominciarono a staccarsi dalle colonie madri alla ricerca di nuovi pascoli e nuove terre coltivabili. Alla fine del Quattrocento si contavano ben quaranta colonie walser sparse tutto intorno al Monte Rosa.
Feudatari e monasteri – benedettini soprattutto – intuendone le capacità, favorirono certamente il loro insediamento nei pascoli alti. Non rimasero mai gruppi isolati, i loro abitati erano sempre snodi cruciali sulle vie di transumanza e i prodotti in eccesso provenienti dall'agricoltura e dall'allevamento venivano rivenduti alle fiere, religiose e non, dell'arco alpino di cui erano assidui frequentatori. I Walser furono sempre “indipendenti”, slegati da nobili e potenti, anche da quelli che ne avevano promosso l'arrivo e conservarono quasi intatto il loro retaggio culturale, che influenzò e modificò per sempre quello delle popolazioni autoctone. Riuscirono a costruire strade, ponti, passerelle, gradinate, ripari dove esistevano solo dirupi scoscesi e proibitivi per gli uomini come per gli animali, creando così nuove vie e nuovi percorsi per collegare gli abitati tra di loro e con gli altri centri. Terrazzarono i pendii delle montagne per coltivarvi, senza quasi l'uso dell'aratro, la segale invernale, alternata a orzo, miglio, avena e qualche legume. Crearono vasti prati erbosi per il bestiame dal cui latte producevano formaggi e latte e boschi per l'approvvigionamento di legna da ardere e per costruire.
Vivevano in abitazioni parte in mura di pietra e parte in legno, coperte da un tetto altrettanto di pietre, in cui coesistevano il ricovero per gli animali al piano terra e una grande stanza per la famiglia, organizzata intorno al focolare, al piano superiore. Proprio là nelle loro stube, durante i gelidi inverni si tramandavano le storie della loro cultura, una vasta raccolta di piccoli e grandi misteri, di animali mitologici, di ombre e di rumori, in cui spiccano senz'altro le leggende sul “piccolo popolo”, i Twerg, Tegi, Zwergi che vivono nelle montagne, oppure sui wilde Männlein, i selvaggi abitanti dei boschi o ancora sui Nachtvolk, il popolo della notte; o, ancora, su esseri fantastici come il terribile Basilisco che strisciano tra le erbe alte o si nascondono negli anfratti, spiriti e fiammelle che si manifestano nella notte, orde di streghe che si riuniscono nelle valli più appartate.
Su tutto dominavano i ghiacciai, con il loro gelo e le pareti bianche, lattiginose. Il ghiacciaio era considerato il Purgatorio, tanto che la “processione dei morti” - comune anche a molte località di pianura - la teoria di spiriti che giungeva ad accogliere i nuovi morti per accompagnarli nell'oltretomba tra litanie e stridore di catene, quando passava negli alpeggi, per tornare all'altro mondo non passava per una balma o una grotta, ma si perdeva in un crepaccio.
La furia dei ghiacci, la potenza distruttiva delle valanghe è al centro anche del mito walser-valdostano della Verlorene Thal, la “valle perduta” del Lys, in cui si racconta sorgesse la leggendaria colonia walser di Félik, inghiottita per punizione dalle nevi con tutte le sue ricchezze dopo che i suoi abitanti rifiutarono di accogliere e rifocillare un vecchio barbuto e cencioso, sotto le cui mentite spoglie si celava l'Ebreo Errante.
La Cattedrale alchemica di Ornavasso
Di fatti altrettanto prodigiosi e straordinari furono invece ignari protagonisti gli abitanti di una colonia vallesana della regione dell’Ossola. Misteriosamente, nel XVII secolo, mentre l’Inquisizione trionfava, intrapresero un progetto pericoloso e insostenibile: costruire un grandioso Santuario, come mai se ne erano visti nella valle, intorno all’immagine, sconveniente e prodigiosa, di una Madonna che allatta a seno scoperto, come un'antica dea celtica, la Grande Madre primordiale. Cent’anni dopo l’edificio, mai portato a termine, svettava sull’abitato con il suo inconfondibile profilo ottagonale.
Raffigurazioni della Madonna Allattante - figure protomiromaniche
- sirena Stemma del Paese
Per quali scopi fu veramente innalzato? Come e perché una comunità di sole 1600 anime riuscì a realizzarlo? Dove reperirono i fondi necessari? Chi era veramente l'abate-cavaliere che, pochi anni prima dell'inizio della costruzione, si era stabilito in quello stesso paese?
La vicenda, solo di recente svelata, comincia nel 1659, quando un figlio cadetto della nobile e potente famiglia milanese dei Visconti di Modrone si ritira in una sconosciuta località della periferia nord-occidentale del ducato. Qui, in soli cinque anni, fa erigere la sua dimora privata, un curioso edificio di forma ottagonale, dove immediatamente si ritira.
Negli anni seguenti, a una manciata di metri dai suoi possedimenti, una semplice cappella mariana spersa tra le balze boscose, diventerà il fulcro e l'altare maggiore di un immenso santuario, altrettanto di forma ottagonale, la cui cupola raggiunge i 27 metri di altezza e si regge soltanto su otto grandi colonne di pietra. Opera poco nota di uno dei massimi architetti milanesi del tempo, Attilio Arrigoni - allievo del celeberrimo Francesco Maria Richini - è un capolavoro del più austero Barocco alpino, un monumento di inattesa perfezione.
Simbolo Farfalla Costruttori Cattedrali
In esso sembrarono realizzarsi, con la massima precisione, i principi della più rigida Controriforma, gli stessi emersi dal Concilio di Trento e ampiamente trattati da San Carlo Borromeo. Invece, fu segretamente concepito, realizzato e costruito come una vera e propria cattedrale d'altri tempi, al pari di Chartres, Stephansdom a Vienna o Notre Dame a Parigi, grazie all'intervento silenzioso e quasi invisibile di esperti magistri, costruttori di cattedrali e alla volontà di quel misterioso cavaliere-abate.
Le proporzioni dell'edificio, mai terminato e mai veramente consacrato, manifestano la presenza in ogni particolare del numero aureo. Il suo impianto suggerisce la volontà di realizzare un'enorme rotonda che, però, non fu mai portata a termine. La sua posizione e le sue direzioni, apparentemente casuali, nascondono inaspettati, coerenti e potenti allineamenti con i fenomeni astronomici e tellurici locali. Altrettanto nei dipinti, nelle cornici affrescate, nelle tarsie, negli stucchi, così perfettamente aderenti ai dogmi, alla tradizione e all'ortodossia, occhieggiano i simboli nascosti e i glifi occulti di una sapienza antica e potente, di quel Graal che una statua sull'altare un tempo reggeva nella destra.
La morte dell'abate, i giochi di potere e uno sfortunato cedimento strutturale impedirono all'edificio di giungere alla sua forma definitiva. I successori del nobiluomo, cercarono comunque di portare a termine il progetto: un'altra costruzione, sempre basata sulla stessa geometria a otto lati, vide presto la luce per desiderio della più potente confraternita del paese, ma intanto la dimora del prelato, lasciata all'incuria dei suoi eredi, veniva progressivamente abbandonata e smantellata.
Nell'Ottocento poi, le piene ripetute del torrente che attraversava Ornavasso assestarono l'ultimo duro colpo alla decadenza di quei monumenti, spazzandoli definitivamente via. Resistette solo il santuario, abbandonato e chiuso che, dopo più di tre secoli, si erge ancora sul pianoro, unico e silenzioso testimone della vicenda, alle ombre dell'antica torre di segnalazione.
Dipinto Alchemico dell'altare di San Giuseppe
e Segni Pavimentali
Al suo interno continua a custodire i preziosi indizi, nascosti e sfacciatamente in vista, di quella storia incredibile fatta di intrighi e di dominio, di sapienze ermetiche e di scienze perfette, di alchimia e di riti antichi: la vera epopea di un progetto impossibile: la storia leggendaria della Cattedrale dei Walser, l'immensa “ macchina spirituale” capolavoro dell'ignoto abate-cavaliere-alchimista, che in esso aveva profuso tutta la propria conoscenza e i propri legami di sangue e di potere; un progetto mai eguagliato, neppure, più di un secolo dopo, dalla celebre Rennes Le Chateau.
L'intera vicenda è stata finalmente riscoperta e ricostruita in ogni dettaglio nel saggio divulgativo “Il Graal e La Dea”, pubblicato da Giuliano Ladolfi Editore nel 2012.