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Luogo: Rocca dei Rossi di Roccabianca, V.le Rocca Roccabianca (PR)

Questo luogo appartiene al gruppo:

dipinti misteriosi

alchimia

fantasmi

similitudini con altre civiltà

storie d'amore

Simboli:

sole luna zodiaco

Regioni:
Emilia Romagna

I MISTERI DEL CASTELLO DI ROCCABIANCA

"Ah... certo, sì, mi sono successe delle cose piuttosto strane. Le ricordo bene. Alcuni mesi fa ero con un artigiano proprio nella stanza in cui ci troviamo ora e che come vede si affaccia sul cortile. Ad un certo punto mi avverte <guarda che ti stanno chiamando> e col capo mi fa cenno di uscire. Vado fuori per vedere chi c’è. Ma io non ho sentito proprio nulla… infatti, come previsto, non c'è nessuno. <Piantala di farmi degli scherzi>, lo apostrofo quasi infastidito <perché ho un sacco di cose da fare>. Passano pochi secondi e... mi vengono ancora i brividi a pensarci... stavolta sentiamo entrambi, e chiaramente, pronunciare il mio nome. Su questo non ci sono dubbi. Mi precipito fuori, ma anche stavolta non c'è anima viva.

In tante altre occasioni ho sentito suoni che non so spiegarmi. L'ultima a metà gennaio. Non so, forse c'è <qualcuno>...  però non ho mai percepito sensazioni di ostilità. Ormai ci ho fatto l'abitudine e ci convivo serenamente".
Dalla porta della stanza alzo lo sguardo per cercare di abbracciare quanto più possibile del castello di Roccabianca. Una struttura ampia e massiccia, appartenuta a importanti famiglie nobiliari, come i Rossi ed i Pallavicino. Ora è invece della famiglia Scaltriti, che l’ha in parte adibita a deposito di botti per l'attività di distilleria.

Chi ho davanti, in un pomeriggio di alcuni anni fa, è un signore di mezza età. Parla volentieri, spesso sottolineando le parole con un sorriso. 
La giusta dose d’ironia e serenità di fronte all'imponderabile.
"Tempo fa è venuto un gruppo di cacciatori di fantasmi... insomma quelli che cercano le cose strane. Hanno registrato rumori inspiegabili in alcune zone e soprattutto della <negatività> in quella parte che si trova in basso a destra, scendendo la scalinata. Addirittura una sensitiva non è neppure riuscita ad andar giù. Stava proprio male... 

Dei turisti, a dire il vero, uno solo ha dichiarato di aver percepito qualcosa. Era sotto al loggiato e stava ascoltando il racconto dell’accompagnatrice. Pare sia stato avvolto da una sorta di energia, una sensazione forte, durata alcuni minuti".

Lascio il gentile signore e seguo la guida. Arrivo nel punto "misterioso" appena citato. Non sento nulla, come forse è normale che sia. Mentre spiega la storia d'amore tra Pier Maria Rossi e Bianca Pellegrini (alla quale è dedicato il castello, Rocca-bianca, appunto), mi guardo attorno. In alto si trova un'ambigua raffigurazione, quasi un ossimoro. Sono infatti presenti i simboli delle casate dei Rossi e dei Pallavicino. Com'è possibile, visto che erano nemici mortali? Che ad un certo punto avessero firmato una sorta di tregua? La guida sembra leggermi nel pensiero. "Qui vedete una cosa curiosa. Ma non è come sembra... infatti i due stemmi non sono contemporanei. Quando i Pallavicino si sono succeduti ai Rossi hanno pensato bene di coprire con la calce quanto questi avevano dipinto sul muro. Poi vi hanno affrescato secondo il loro gusto. Ora, durante di lavori di ristrutturazione, la pulizia della parete ha evidenziato strati murari diversi in punti leggermente discostati. Di conseguenza, visti appaiati, sembrano dar vita allo stesso disegno".

La storia mi ricorda quella dei mezzi di trasporto tecnologici dell'Antico Egitto. Precisamente nel tempio di Abydos, si possono notare quelle che sembrano incisioni di elicotteri, navi e sottomarini.


Possibile una cosa del genere?
In realtà è stato il gesso utilizzato per intonacare le prime iscrizioni, e sbriciolatosi nel corso del tempo, a creare forme e disegni che casualmente ricordano quei mezzi moderni. Insomma, se nel caso di Roccabianca le curiose immagini sono comunque reali, in quello dell'Egitto sono solo forme illusorie, anche se in entrambi ciò che si vede non è come sembra.
Ora entriamo nella “Camera di Griselda”, le cui pareti verticali sono tappezzate da pitture ispirate alla centesima novella del Boccaccio (si tratta di copie, gli originali sono a Milano nel Castello Sforzesco).

La parte interessante è però nella volta, perché qui le immagini presentano difficoltà di interpretazione.
Siamo nel Quattrocento, ma non sappiamo chi ne sia l’autore. Proviamo ad osservarle. Come risulta evidente, c’è un notevole assembramento di figure che richiamano temi astrologici. Che queste abbiano a che fare con la posizione degli astri al momento della nascita di Pier Maria e/o Bianca? Pare di no. In ogni caso, ci sono diverse cose che non quadrano. Si mostrano pianeti e costellazioni ubicati nel cielo in modo errato, oppure con forme che la tradizione non riporta. Talune volte esibiscono nomi arabi, in altre latini. Ad esempio, il simbolo dell’Acquario ha in mano un pesce che mai mostra nella sua iconografia tradizionale, stessa storia per quello del Cigno.

Oppure Marte è raffigurato “alla babilonese”, cioè con scudo e scimitarra, cioè come se fosse il dio Nergal e così pure la Luna, con due fasi a falce. Stesso discorso per una Venere alata con la freccia che punta verso il basso (in pratica, è la copia della caldea Ishtar).

E si potrebbe proseguire con quella faccia mostruosa alla destra della costellazione dei Gemelli, che rimanda al mito babilonese della creazione.

In sostanza, a cosa siamo di fronte? Ad un pittore confusionario da ogni punto di vista o ad un esperto di messaggi in codice?
Con in testa queste incertezze, mi sorge un ulteriore dubbio. 
Ma le prigioni dove stavano? "Vieni che te le mostro. Purtroppo il posto non è sicuro, per questo è tolto dal giro turistico (NdA ricordo che la visita risale ad alcuni anni fa, quindi è possibile che nel frattempo le cose siano cambiate)". Con la guida salgo nel piano di mezzo del possente mastio.

Una stanza, in parte transennata, denuncia un pavimento pericolante. In una delle sue pareti si affaccia una piccola porta. Oltre ad essa si apre un'angusta stanza, illuminata da una stretta finestra. Ecco le galere, anzi “la” galera.

Osservo meglio. Lo spazio è davvero poco, però discreta è l’illuminazione naturale.
Mi sorge una domanda, cioè è normale che una prigione del Quattrocento sia tanto piccola e posizionata così alta nel mastio?
Insomma, un locale di reclusione non dovrebbe essere abbastanza ampio da poter contenere diversi "ospiti" ed essere posizionato in ambienti cavernosi e malsani, per rendere più severa la punizione?
In effetti, andando con la memoria ad altri castelli che ho avuto modo di visitare nel corso del tempo, così stanno le cose: le prigioni sono in sotterranei umidi ed insalubri.
Quindi, come si spiega questa allocazione anomala? Forse si tratta di una cella riservata a prigionieri di alto rango. Magari poteva trattarsi di una singola persona e, visto il lignaggio, non la si poteva certo trattare come un pezzente qualunque da far languire nei bassifondi.

In ogni caso, se è vero che le pareti mantengono memoria dei fatti di cui sono state testimoni... beh... qui di cose da raccontare ne avrebbero tante... 


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